Denominazione di origine protetta D.O.C.
La denominazione di origine controllata, nota con l’acronimo DOC, non è un vero e proprio marchio poiché comune ad una grossa varietà di prodotti, ma una denominazione utilizzata in enologia che certifica la zona di origine e delimitata della raccolta delle uve utilizzate per la produzione del prodotto sul quale è apposto il marchio. Il marchio è il simbolo apposto sul prodotto che lo identifica, per cui possiamo avere diversi marchi con lo stesso acronimo DOC. Esso viene utilizzato per designare un prodotto di qualità e rinomato, le cui caratteristiche sono connesse all’ambiente naturale ed ai fattori umani e rispettano uno specifico disciplinare di produzione approvato con decreto ministeriale.
Tali vini, prima di essere messi in commercio, devono essere sottoposti in fase di produzione ad una preliminare analisi chimico-fisica e ad un esame organolettico che certifichi il rispetto dei requisiti previsti dal disciplinare; il mancato rispetto dei requisiti ne impedisce la messa in commercio con la dicitura DOC. Il marchio fu ideato negli anni cinquanta dall’avvocato romano Rolando Ricci, funzionario dell’allora ministero dell’agricoltura. La denominazione di origine controllata fu istituita con il decreto-legge del 12 luglio 1963, n. 930, che si applica anche ai vini “Moscato Passito di Pantelleria” e “Marsala”. Della legge delle Doc, ovvero il D.P.R. 930 del 12 luglio del 1963 fu relatore e primo firmatario il Senatore monferrino Paolo Desana che studio’ tutte le proposte di legge presentate precedentemente, a partire dalla prima del 1888 di tre parlamentari monferrini Mensio, Morini e Bertana e le successive dei primi del Novecento dell’albese Calissano e poi ancora dei monferrini Edoardo Ottavi e Arturo Marescalchi, riuscendo così a colmare le problematiche non risolte e a fare approvare una legge storica per l’Italia. A poco a poco si andò a recuperare il ritardo di una trentina di anni accumulato sulla legislazione specifica della Francia che aveva approvato la sia legge istituendo le AOC nel 1935. Paolo Desana fu Presidente della Federazione Nazionale delle Cantine Sociali e dal 1966 fu anche Presidente del Comitato Nazionale per la Tutela delle Denominazioni di Origine dei Vini, fu confermato nell’incarico per 5 legislature fino al 1989 e riusci’ a far approvare le prime 260 Doc vinicole italiane. Dal 2010 la classificazione DOC, così come la DOCG, è stata ricompresa nella categoria comunitaria DOP.
La denominazione di origine controllata e garantita, nota con la sigla DOCG, è un marchio italiano che indica al consumatore l’origine geografica di un vino.
Il nome della DOCG è indicato obbligatoriamente in etichetta e consiste, o semplicemente nel nome geografico di una zona viticola o nella combinazione del nome storico di un prodotto e della relativa zona di produzione.
Requisiti di un vino DOCG
La categoria dei vini DOCG comprende i vini prodotti in determinate zone geografiche nel rispetto di uno specifico disciplinare di produzione. La procedura per il riconoscimento delle denominazioni è profondamente cambiata dal 2010 in seguito all’attuazione della nuova normativa europea (Reg. Ce 479/2008, “Nuova OCM Vino”, recepito in Italia con il Decreto Legislativo 61 dell’8 aprile 2010 in vigore dall’11 maggio 2010). Tra le altre cose, la nuova legge ha portato in sede comunitaria la prerogativa di approvazione delle denominazioni, mentre precedentemente si procedeva tramite Decreto Ministeriale. Da allora la classificazione DOCG, così come la DOC, è stata ricompresa nella categoria comunitaria DOP.
Le DOCG sono riservate ai vini già riconosciuti a denominazione di origine controllata (DOC) da almeno dieci anni che siano ritenuti di particolare pregio, in relazione alle caratteristiche qualitative intrinseche, rispetto alla media di quelle degli analoghi vini così classificati, per effetto dell’incidenza di tradizionali fattori naturali, umani e storici e che abbiano acquisito rinomanza e valorizzazione commerciale a livello nazionale e internazionale.
Tali vini, prima di essere messi in commercio, devono essere sottoposti in fase di produzione ad una preliminare analisi chimico-fisica e ad un esame organolettico che certifichi il rispetto dei requisiti previsti dal disciplinare; l’esame organolettico inoltre deve essere ripetuto, partita per partita, anche nella fase dell’imbottigliamento. Per i vini DOCG è infine prevista anche un’analisi sensoriale (assaggio) eseguita da un’apposita commissione; il mancato rispetto dei requisiti ne impedisce la messa in commercio con il marchio DOCG.
Inoltre, la legislazione prevede che le DOCG abbiano facoltativamente (sulla scorta di quello che succede da secoli in Francia con la classificazione legale, di tipo gerarchico-qualitativa, dei cru) un’ulteriore segmentazione in alto in sottozone (comuni o parti di esso) o microzone (vigneti o poco più) ovvero la menzione geografica aggiuntiva. In Italia, vi sono alcune DOCG (ad esempio il Barolo) che prevedono questa segmentazione che va considerata come classificazione a sé, ovvero la punta della piramide qualitativa.
Vini DOC della provincia di Catanzaro
B
L
M
S
Vini DOC della provincia di Cosenza
D
P
S
- San Vito di Luzzi bianco
- San Vito di Luzzi rosato
- San Vito di Luzzi rosso
- Savuto (vino)
- Savuto superiore
T
V
Vini DOC della provincia di Crotone
C
- Cirò (vino)
- Cirò bianco
- Cirò bianco classico
- Cirò rosato
- Cirò rosso
- Cirò rosso classico
- Cirò rosso classico superiore
- Cirò rosso classico superiore riserva
- Cirò rosso superiore
- Cirò rosso superiore riserva